Consumo sul posto di alimenti di produzione artigianale: Ultime Risoluzioni del Ministero Sviluppo Economico

Si informa che il Ministero dello Sviluppo Economico, nel periodo luglio – novembre 2015, ha formulato alcuni pareri su richiesta di aziende, Camere di commercio e Comuni ai sensi delle vigenti disposizioni di legge.

Illustriamo in sintesi le risoluzioni più significative emanate dalla competente Direzione Generale per il Mercato, Concorrenza, Consumatori, Vigilanza e Normativa tecnica.

Risoluzione n. 128846 del 27.7.2015

Un’azienda privata ha ottenuto dal dicastero risposta affermativa al quesito se l’autorizzazione amministrativa di tipo a) rilasciata dall’Ente locale per il commercio su aree pubbliche, concernente nella fattispecie il posteggio in area mercatale per un solo giorno settimanale, sia tale da abilitare il titolare nei restanti giorni a svolgere il commercio itinerante anche al di fuori del relativo ambito comunale.

A tal proposito, la Direzione interpellata si è limitata a confermare che ai sensi dell’art. 28 D.Lgs Bersani n. 114/1998 e ss. modificazioni l’autorizzazione all’esercizio dell’attività di vendita su aree pubbliche tramite l’uso di un posteggio, rilasciata come è noto dal Comune in conformità alle norme dettate in materia dalla Regione competente, abilita di fatto l’interessato sia all’esercizio del commercio in forma itinerante nell’ambito del proprio territorio regionale (v. comma 3), sia alla partecipazione a fiere ancorché organizzate in contesti regionali distinti da quello di appartenenza (comma 6).

Pertanto, in relazione al caso prospettato dal soggetto interpellante e salve diverse disposizioni regionali, è stato ribadito che a norma della predetta disciplina nazionale il titolare di autorizzazione all’esercizio di un’attività di vendita, su posteggio concesso per un giorno a settimana dal competente Ente locale, ha la duplice facoltà di:

-         svolgere il commercio itinerante nei giorni in cui non si effettua il mercato, nell’ambito del territorio regionale cui appartiene il Comune autorizzante;

-         prender parte alle fiere che si svolgano in qualsivoglia Regione dell’intero territorio nazionale.

Risoluzione n. 174884 del 29.9.2015

Il Ministero su istanza ad hoc di un Comune ha fornito alcuni chiarimenti in merito all’ipotesi di consumo sul posto dei prodotti ai sensi degli artt. 3 e 4 DL Bersani n. 223/2006 e ss., così come illustrata in numerose precedenti Risoluzioni, evidenziando anzitutto che in base all’art. 2 L.R. Lombardia n. 8/2009 e ss. le imprese artigiane possono vendere alla clientela gli alimenti di propria produzione per l’immediato consumo nelle sale adiacenti, ad eccezione degli spazi esterni, tramite l’impiego di arredi aziendali con stoviglie e posate “a perdere” escludendo il servizio assistito che contraddistingue le attività di somministrazione di cibi e bevande.

Ciò premesso, l’Ente interpellante ha chiesto nello specifico se nella descritta fattispecie debba estendersi anche alle aziende artigiane il vigente divieto di utilizzare tavoli e sedie “associati od associabili”, tipici della somministrazione, essendo permessa dal legislatore nazionale come è noto la sola disponibilità di alcune panchine o di altre sedute “non abbinabili”, nonché la presenza di eventuali piani di appoggio per i consumatori.

A tal proposito, la Direzione interpellata ha ricordato in primo luogo che il consumo immediato sul posto dei prodotti alimentari e di gastronomia, oggetto dell’attività di vendita, è ammissibile:

-         per gli esercizi di vicinato, purché si svolga tramite i predetti arredi nei locali d’azienda ed escluda il servizio assistito di somministrazione [art. 3 comma 1 lett. f-bis) citato DL 223/2006 e ss.];

-         per i titolari degli impianti di panificazione, alla stessa condizione appena richiamata [art. 4 comma 2-bis) medesimo DL 223/06];

-         per gli imprenditori agricoli, purché ricorrano le predette circostanze nel rispetto delle vigenti prescrizioni generali di carattere igienico-sanitario [art. 4 comma 8-bis D.Lgs n. 228/2001 e ss.].

Orbene, tale ammissibilità del consumo immediato dei prodotti sul posto non si estende automaticamente alle attività artigianali diverse dalla panificazione, in quanto non contemplate esplicitamente dalla richiamata disciplina statale (ad es. gelaterie, pizzerie al taglio, ecc.), eccezion fatta per i casi in cui le stesse svolgano legittimamente presso la propria sede anche la vendita al dettaglio quali esercizi di vicinato.

La Direzione ha ricordato altresì di aver già chiarito in precedenza le vigenti procedure applicative del consumo diretto sul posto di prodotti gastronomici a cura di esercizi di vicinato legittimati a vendere alimenti (v. Circolare esplicativa MSE 3603/C del 28 settembre 2006, punto 8.1), nonché di aver confermato più recentemente la possibilità di ammettere nei relativi locali un limitato numero di panchine o di altre sedute “non abbinabili”, nonché di eventuali piani di appoggio, a differenza dei bar e dei ristoranti caratterizzati come è noto dalla consumazione “seduti al tavolo” con idonee attrezzature ancorché svolta in modalità self service (v. Parere MSE n. 75893 dell’8 maggio 2013).

  NB: la prevista “non abbinabilità” tra le sedute ed i piani d’appoggio consiste nel fatto che il loro impiego congiunto deve risultare di norma improbabile per reciproca incompatibilità dimensionale, in modo tale da permettere alla clientela di consumare cibi e bevande stando “seduti ma non al tavolo”, od in alternativa collocando tali prodotti su di un piano utilizzabile unicamente “in piedi”.

  In conclusione, il Ministero ha ribadito quanto segue:

  • la vigente disciplina nazionale, in materia di consumo immediato dei prodotti alimentari sul posto, non prevede espressamente tale possibilità nei casi di impresa artigiana;
  • tuttavia, nel caso prospettato, il Comune interpellante dovrà attenersi nel territorio di rispettiva competenza alla parimenti vigente disposizione regionale citata in premessa e recante tale fattispecie (art. 2 LR 8/09), nonché alle modalità operative già diramate dal medesimo dicastero nelle predette interpretative del 2006 e del 2013 in merito alla legislazione statale.

 

Risoluzione n. 199143 del 15.10.2015

Il Ministero ha fornito ad una Camera di commercio alcuni chiarimenti in merito alla corretta individuazione dei soggetti tenuti al possesso dei requisiti morali di cui all’art. 71 commi 1 e 2 D.Lgs n. 59/2010 e ss. (Attuazione direttiva servizi Bolkestein), ai fini dell’esercizio di un’attività di vendita e somministrazione, con particolare attenzione all’entrata in vigore del D.Lgs n. 159/2011 (Codice antimafia) che ha abrogato espressamente il previgente DPR n. 252/1998 e ss..

A tal proposito, la Direzione ha evidenziato quanto segue:

-         il sopra richiamato art. 71 D.Lgs 59/10 prevede al comma 5 che: “In caso di società,, associazioni od organismi collettivi i requisiti morali … devono essere posseduti dal legale rappresentante, da altra persona preposta all’attività commerciale e da tutti i soggetti individuati dall’articolo 2, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252. In caso di impresa individuale i requisiti … devono essere posseduti dal titolare e dall’eventuale altra persona preposta all’attività commerciale”;

-         l’art. 116 del parimenti richiamato Codice antimafia di cui al D.Lgs 159/11 prevede al comma 4 che ogni eventuale esplicito rinvio a disposizioni del DPR 252/98 debba intendersi riferito alle corrispondenti norme del Codice stesso. Ne deriva in particolare che in tutti i casi di controllo circa il possesso dei requisiti di onorabilità in capo a società, associazioni od organismi collettivi (v. citato art. 2 comma 3 abrogato DPR 252), occorrerà fare riferimento ai soggetti di cui all’art. 85 D.Lgs 159 tra i quali sono annoverati tra l’altro i componenti del Collegio sindacale ancorché residenti all’estero;

-         a tal riguardo, il dicastero ha avvalorato in un recente parere l’ipotesi che il requisito morale riguardi necessariamente non solo i membri dell’anzidetto Collegio ove presente, ma anche i loro familiari maggiorenni conviventi (v. Nota MSE n. 70222 del 18 maggio 2015).

 

Orbene il Ministero dell’interno, invitato espressamente dalla Direzione stessa a pronunziarsi nel merito, ha precisato con successiva Nota n. 555-DOC/C/CRIM/CMAS/5894-15 del 14 agosto 2015 quanto di seguito riportato:

L’art. 71, del D.Lgs 26 marzo 2010, n. 59, stabilisce, al comma 5, che i soggetti individuati dall’art. 2, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252, che fanno parte di società, associazioni ed organismi collettivi, devono possedere i requisiti indicati al comma

1 della medesima disposizione. Tale comma inibisce l’esercizio di attività commerciale di vendita e

somministrazione a tutti coloro che abbiano riportato condanne per varie tipologie di delitti o che siano sottoposti a una delle misure di prevenzione già previste dalle leggi 27 dicembre 1956, n. 1423 e 31 maggio 1965, n. 575, ora abrogate e sostituite dal decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia);

  per quanto riguarda l’individuazione, nelle compagine societarie, dei soggetti che devono essere sottoposti alla verifica dei requisiti di onorabilità, è appena il caso di evidenziare che l’art. 85 del Codice delle leggi antimafia (il quale ha sostituito l’art. 2, comma 3 del D.P.R. n. 252/1998) ha incluso, a seguito della modifica introdotta dall’art. 2, comma 1, lettera b), n. 1, del decreto legislativo 15 novembre 2012, n. 218, i membri del collegio sindacale delle associazioni e società di qualunque tipo fra coloro che devono essere in possesso dei requisiti necessari per il rilascio della documentazione antimafia”.

 

Risoluzione n. 223700 del 4.11.2015

Una Società fa presente al dicastero di aver ottenuto un permesso per la costruzione e realizzazione, su un’area di proprietà, di un impianto di distribuzione di carburanti, con annesso fabbricato di mq. 620, all’interno del quale sono state collocate due attività commerciali. Successivamente la ditta, a seguito di istanza ad hoc, ha ottenuto altresì un “permesso di costruire in variante (…) per la rivendita non esclusiva di stampa, quotidiani e periodici e altre merci”.

La stessa azienda interpellante fa presente infine, con riferimento a detto fabbricato, di aver presentato in seguito una Segnalazione Certificata di Inizio di Attività (SCIA) per la vendita di quotidiani e periodici. Orbene, la società interessata chiede:

  •  se l’avvio di tale attività sia assentibile con SCIA o necessiti di formale atto autorizzatorio da parte del Comune;
  • quale significato sia da attribuire alla nozione “altre merci”, ovvero se si intenda la possibilità di vendere qualsiasi merce, sia alimentare che non.

Al riguardo la Direzione ministeriale, in via preliminare e con particolare attenzione alla disciplina nazionale vigente, ha rappresentato che il settore della distribuzione della stampa quotidiana e periodica è disciplinato dal D.Lgs 24 aprile 2001, n. 170 (Riordino del sistema di diffusione della stampa quotidiana e periodica a norma dell’art. 3 Legge n. 108/1999)”. Ai sensi dell’art. 2 comma 2 del medesimo D. Lgs. 170, l’apertura di una rivendita esclusiva e non esclusiva “è soggetta al rilascio di autorizzazione da parte dei comuni, anche a carattere stagionale (…). Per i punti di vendita esclusivi l’autorizzazione è rilasciata nel rispetto dei piani comunali di localizzazione ….”.

Il successivo comma 3 dell’art. 2 individua gli esercizi commerciali all’interno dei quali può essere autorizzata la vendita “non esclusiva” di quotidiani e periodici, tra i quali spiccano nella fattispecie:

- le rivendite di carburanti e di oli minerali (si ricordi la soppressione del limite minimo di superficie pari a metri quadrati 1500, per effetto dell’art. 28, comma 9, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98);

- le strutture di vendita come definite dall’art. 4 comma 1 lett. e), f) e g) D.Lgs n. 114/1998 e ss. (medie e grandi strutture, centri commerciali), con un limite minimo di superficie di vendita pari a metri quadrati 700.

Con riguardo alla predetta attività di rivendita non esclusiva di quotidiani e periodici, la  Direzione ministeriale, alla luce delle norme di liberalizzazione e semplificazione, nonché dei dettami della giurisprudenza (cfr. sentenza 2189 del 29 aprile 2003), non sussistendo alcun margine di discrezionalità in capo all’autorità competente, ha avuto già modo di precisare, con nota n. 172360, del 2.8.2012, che all’avvio di tale attività può essere applicabile l’istituto della SCIA, secondo quanto disposto dall’art. 19 della legge 241/1990, pur evidenziandosi che la competenza prevalente in materia spetta al Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria.

Con riferimento, invece, all’attività di vendita in generale, la Direzione precisa che la disciplina applicabile alle attività commerciali è correlata alla superficie del locale nel quale il soggetto intende avviare l’attività di vendita, al fine di definire la tipologia dell’attività commerciale e il relativo titolo legittimante all’avvio dell’attività.

Ove l’attività sia svolta in esercizi di vicinato, ossia quelli aventi superficie di vendita non superiore a 150 mq. nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti e a 250 mq. nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti (cfr. articolo 4, comma 1, lettera d), del citato decreto legislativo n. 114 del 1998) è sufficiente la presentazione della Segnalazione Certificata di Inizio di Attività (SCIA) al comune competente per territorio. In caso di esercizi con superficie di vendita superiore ai suddetti limiti (cfr. articolo 4, comma 1, lettere e), f) e g) del decreto legislativo n. 114 del 1998), è necessario ottenere una specifica autorizzazione dal comune (cfr. articoli 8 e 9, medesimo decreto).

In conseguenza di quanto sopra evidenziato, la risposta alla richiesta di parere da parte del Ministero non può che essere correlata alla dimensione del locale nel quale l’attività deve essere esercitata.

Nel caso di specie, la superficie complessiva del locale è superiore ai limiti del citato art. 4, comma 1, lettera d) del decreto legislativo n. 114 del 1998. Di conseguenza, se la società intende attivare l’attività di vendita di merce appartenente al settore merceologico alimentare e/o non alimentare in una parte del locale entro i limiti del citato articolo 4, comma 1, lettera d), è ammissibile l’utilizzo della SCIA (fermo restando il possesso dei requisiti soggettivi, morali e professionali – questi ultimi solo per la vendita di alimentari).

Egualmente tale istituto è utilizzabile per la vendita ‘non esclusiva’ di quotidiani e periodici nella parte restante di superficie, non essendo necessaria, in questo caso, la correlazione con la superficie del locale.

Qualora invece la superficie da destinare all’attività di vendita di prodotti appartenenti al settore merceologico alimentare e/o non alimentare sia superiore ai limiti di cui al citato art. 4, comma 1, lettera d), non è ammissibile l’istituto della SCIA, essendo necessario, al riguardo, l’istituto dell’autorizzazione.

Considerato però che nell’ambito territoriale di riferimento è vigente una normativa regionale che, stante il disposto dell’art. 45, comma 3, della L.R. n. 24/2015, limita l’ampiezza della superficie del locale attivabile presso un impianto di distribuzione di carburante entro i limiti stabiliti dall’art. 4 comma 1 lett. d) D.Lgs 114/98 per gli esercizi di vicinato, è evidente che la società può attivare la vendita di prodotti appartenenti al settore merceologico alimentare e/o non alimentare soltanto entro tali limiti.

Resta fermo tuttavia, ad avviso della Direzione, che l’attivazione di una rivendita ‘non esclusiva’ di quotidiani e periodici, stante peraltro il contenuto della norma nazionale di riferimento, ossia l’art. 2, comma 3, del citato decreto legislativo n. 170, non è assoggettabile a limiti di superficie ed è avviabile a seguito della presentazione della SCIA al Comune competente per territorio.

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